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  • Cultura pedagogica

Custodire lo sviluppo, coltivare l’educazione

 

 

Perché è importante parlare di ecologia in educazione?

Con le riflessioni sul seminario con Cristina Birbes e Sara Bornatici, tra pedagogia dell’ambiente e educazione integrale, iniziamo ad approfondire il tema del ciclo di seminari “Accudire il futuro”. 

Che cosa significa sostenere la vita? E che cosa significa mettere al centro la sostenibilità?

 

Per sviluppo sostenibile si intende uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare a loro volta i propri bisogni.
Per questo occorre intervenire in tre dimensioni:
la dimensione economica: come necessità da un lato di una distribuzione più equa della ricchezza e dell’altro di un reinvestimento sul futuro;
la dimensione ambientale: utilizzo delle risorse primarie senza danneggiare l’ambiente (emissioni nell’atmosfera, nelle acque, nel suolo) e senza sprechi;
la dimensione sociale: muoversi nella direzione della salute, della sicurezza e della redditività nel lungo
periodo per tutti.

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Sostenere la vita come valore cardine significa far dialogare insieme ambiti disciplinari molto diversi: la fisica, la biologia, l’economia, la sociologia, la pedagogia. E, nello specifico, dobbiamo anche dirci di quale ecologia parliamo in rapporto all’educazione: ci dobbiamo interrogare su quale ecologia proporre in ambito educativo. Come?
Attraverso l’ecologia integrale, vale a dire partendo dal presupposto che l’uomo non è il padrone del mondo ma ne fa parte e ne è partecipe.
L’integrazione dei diversi campi del sapere si traduce nel rispetto non solo di tutte le forme di vita, ma soprattutto delle interazioni fra gli organismi viventi e il loro ambiente.

Dobbiamo rinunciare a sentirci i padroni del mondo e a sfruttarlo in nostra funzione, perché il mondo è limitato, le risorse non sono infinite e siamo già alla soglia del punto di non ritorno, di uno sfruttamento talmente intenso da non lasciare più alla natura la possibilità di rigenerarsi.

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È per questa ragione che occorre pensare l’educazione in funzione etica, insegnando:
il senso del limite: le risorse non sono infinite e il loro sfruttamento comporta l’impoverimento per le generazioni future;
la responsabilità: il futuro, sia della natura che della famiglia umana, dipende da come impariamo a comportarci ora, dalle scelte che facciamo e da come agiamo;
l’unità di intenti: è necessario metterci insieme per condividere idee comuni in una prospettiva di fratellanza planetaria, una fratellanza incentrata sulla tolleranza, sulle interazioni positive, su un senso di responsabilità condivisa nella tutela del nostro pianeta;
la cura: l’importanza del farsi carico, sul prendersi cura dell’altro e della natura, a partire dal prendersi cura di sé stessi per vivere una vita interiore profonda;
l’accoglienza: il mondo non è nostro, è il luogo in cui viviamo ed è il dono che abbiamo ricevuto nell’istante in cui siamo nati; per questo dobbiamo accogliere e coltivare tutte le forme di vita a partire da quella umana.

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Quali sono i principi che meglio possono ispirare le nostre azioni future? Tre direttrici sono centrali.

Dialogo
Imparare dalla natura ad adattarsi nella consapevolezza che la flessibilità è la capacità tipica dei sistemi aperti che sanno evolvere attraverso la cooperazione, la collaborazione e l’accoglimento positivo della diversità.
Lo strumento principe di questa prospettiva è il dialogo, inteso come antidoto all’indifferenza egoistica e alla chiusura e come capacità di saper dare e ricevere.

Partecipazione
È necessario evitare di chiudersi al proprio interno credendo di poter bastare a sé stessi. L’autoreferenzialità è una malattia del nostro tempo che si basa sull’accumulo, sulla supremazia, sul possesso e sull’avidità e avviene perciò a spese dell’ambiente e degli altri. L’autoreferenzialità deve essere sostituita dalla consapevolezza della responsabilità di ognuno di agire in maniera ecologicamente sostenibile e solidale.

Educazione
Coltivare e custodire presuppone la realizzazione di un progetto che favorisca la crescita delle persone in un mondo abitabile per tutti e che sa accogliere tutti e tutti proteggere. Significa vigilare su noi stessi e sugli altri, darsi il tempo e lasciare il tempo ai bambini per ricaricarsi e trovare il loro tempo. Coltivare e custodire significa renderci disponibili a modificare il nostro modo di essere, promuovere la capacità di sognare, la creatività, la fantasia che producono il desiderio di ciò che ancora non c’è; vuol dire costruire in ognuno la preoccupazione e la tenerezza, la capacità di costruire le relazioni, il piacere di costruire la fratellanza.
È necessario pensare a un’educazione che sappia muoversi nella direzione dell’utopia, un’utopia che, a poco a poco, di fronte alla complessità dei problemi odierni, sia in grado di rilanciare l’umano.

Cristina Birbes

Ricercatrice e docente di Pedagogia dell’ambiente e di Educazione alla sostenibilità, Responsabile dell’area Education for sustainable development dell’Alta Scuola per l’Ambiente Università Cattolica del Sacro Cuore

Sara Bornatici

Assegnista di ricerca e dottoranda in Pedagogia Università Cattolica del Sacro Cuore

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